Decrescere con un Click
"I check up non riducono la mortalità, malattia, disabilità" slow medicine #decrescitafelice
— Giulia Di Vita (@GiuliaDiVita) October 28, 2013
Inizia così, con un tweet della Deputata Giulia Di Vita, la nuova polemica della giornata che vede al centro un deputato del Movimento 5 Stelle e l’ennesima proposta antiscientifica, sempre più di moda nel nostro Paese.
Un lunghissimo coro di critiche in risposta al tweet va dall’indignazione agli insulti. La Di Vita risponde
@nunziarusso4 segui il convegno trovi il link in rete, è un discorso ampio #decrescitafelice
— Giulia Di Vita (@GiuliaDiVita) October 28, 2013
e poi ancora
@AndreaCerase studi internazionali han dimostrato che i check up indiscriminati sembrano essere inefficaci,vanno personalizzati. #uncazzo?
— Giulia Di Vita (@GiuliaDiVita) October 28, 2013
Qualcuno in rete sembra giustificarla sottolineando che non ha riportato parole sue: come se un Deputato della Repubblica non avesse la stessa responsabilità di chi ha detto quelle parole nel momento in cui le diffonde e le sostiene sui media.
Al coro di critiche la Di Vita risponde ripetutamente che le polemiche sono fatte apposta, basta cercare slowmedicine per approfondire, e ancora basta cliccare sul link della diretta e cita un lancio dell’ANSA.
Basterebbe forse il tweet di un altro user per chiudere questa discussione:
@GiuliaDiVita #Lancet, #BritishJournalofMedicine, #AmericanJournalofMedicine dicono altro, ma voi del #M5S con un'ANSA diventate Dulbecco
— Waldo (@AndreaCerase) October 28, 2013
Non voglio entrare nello specifico della discussione su “slow medicine” perché l’argomento è interessante e merita attenzione, anche se ho le mie riserve. Voglio solo riflettere su due punti che secondo me caratterizzano questa vicenda: la scienza dell’approssimazione e l’impact factor del click che sono tra loro legati a doppio filo.
Non basta citare un singolo articolo (magari dal New York Times) per avallare un’affermazione come quella riportata dalla Di Vita: se si legge la (ampia) letteratura scientifica c’è una distinzione radicale tra il concetto di “diagnosi precoce” e quello di “screening di popolazione”. Mentre nel caso della diagnosi precoce, per malattie che hanno una evoluzione progressiva, e soprattutto sono curabili, c’è una sproporzionata quantità di dati a supporto, nel caso degli screening di popolazione c’è una più ampia variabilità a seconda della malattia. Si veda per esempio la differenza tra i vari tipi di tumore (qui o qui) e il diabete di tipo 2 (qui o qui).
Cosa significa allora “checkup” nel linguaggio della Di Vita?
Ecco perché parlo di scienza dell’approssimazione. Forse sono condizionato dalla mia formazione scientifica, e dall’insegnamento alla necessità di un linguaggio appropriato, ma sempre più spesso in questi casi di anti-scienza si assiste all’approssimazione come metodo per difendere idee basate su opinioni, o meglio credenze; a volte perfino all’opposto: si dice “è un discorso complesso” per giustificare una credenza che in realtà non tiene affatto in considerazione qualche decennio di ricerca scientifica.
Ed ecco il secondo elemento: l’impact factor del click.
Mentre noi ricercatori siamo (spesso in modo sbagliato) legati all’impact factor di una rivista o di un ricercatore come misura della sua autorevolezza sulla materia, all’estremo opposto si assiste alla sostituzione dell’autorevolezza scientifica con la presenza in rete. Più un argomento è cliccato, distribuito, re-tweettato e condiviso e più diventa vero e autorevole per certe persone. Il Movimento 5 Stelle ne ha fatto quasi una religione. Il punto è che adesso questa specie di religione pretende di modificare assetti e istituzioni, e politiche per la salute.
E’ sufficiente trovare molto materiale in rete su vaccini e autismo per chiedere che si sospendano le vaccinazioni obbligatorie dell’infanzia?
Quello che la Scienza dice non conta, perché “tanto è influenzata dalle multinazionali”?
L’argomento della rete è complesso e anche un po vecchio ormai: non mi sognerei mai di negare che nell’informazione – ad esempio – ci sia stata una rivoluzione sia nel modo di fare notizia che nell’accesso a alle fonti proprio grazie alla rete. Ma nel giornalismo la questione è dibattuta da tanto tempo proprio perché c’è sempre il rischio della mancata verifica di qualità della fonte e si assiste spessissimo a bufale dovute proprio a questo.
Resta da chiedersi dunque se il “tanto al chilo” è ammissibile, soprattutto quando si tratta di un rappresentante delle Istituzioni.
Io credo di no.