Pro-Test in trasferta a Roma
Quando ho accennato ad alcuni miei amici che sarei andato a Roma per starci sì e no una mattina per una breve manifestazione in difesa della ricerca, molti mi hanno dato del matto, in fondo, mica ascoltano 4 ricercatori i nostri parlamentari…
Eppure ci sono andato lo stesso. Perché se non ci muoviamo noi, chi si muove?
Tempo qualche giorno per rendersi conto di quello che stava per accadere in Senato e di mettersi d’accordo tra macchine, spiccioli e bivacchi di fortuna e alle 11 di mercoledì eravamo tutti lì, vicino a Palazzo Madama, a Roma. Non più di 20 ragazzi (e qualcuno più grandicello), quasi tutti provenienti da Milano e zone limitrofe, ma tutti con un unico obiettivo:
provare a far sentire attraverso la propria voce, la voce della scienza.
Facciamo però un piccolo passo indietro.
Pro-Test Italia era venuta a conoscenza, qualche giorno prima, di alcuni emendamenti sulla sperimentazione animale che stavano per essere votati. Emendamenti che destavano non poca preoccupazione anche tra chi, ben più di me, si intendeva di leggi e commi e che erano stati ben riassunti anche da Prometeus.
In sostanza, il nostro paese è in mora per non aver ancora recepito la Direttiva 2010/63/UE. Questa Direttiva ha l’obiettivo di aumentare le tutele a favore degli animali usati nella sperimentazione. Siccome però l’Italia ama essere sempre più realista del re, come già avvenuto per il recepimento della Direttiva 2001/18/CE riguardante gli OGM, ha pensato bene di renderla ancora più restrittiva, ma per principio più che per logica.
Gli emendamenti formulati durante la Commissione XIV del Senato riguardano infatti l’articolo 9 della normativa e rischiano di menomare significativamente non solo la ricerca medica, ma anche la pratica clinica nel nostro paese.
Ad esempio, un emendamento vieta:
“gli esperimenti e le procedure che non prevedono anestesia o analgesia, qualora esse comportino dolore all’animale, ad eccezione dei casi di sperimentazione di anestetici o di analgesici”
Questa formulazione, se presa alla lettera prevederebbe che si debba usare anestesia anche per un prelievo di sangue, sottoponendo l’animale a maggiori rischi e ad un maggiore trauma.
Un altro vieta:
“l’utilizzo di animali per gli esperimenti bellici, per gli xenotrapianti e per le ricerche su sostanze d’abuso, negli ambiti sperimentali e di esercitazioni didattiche ad eccezione dell’alta formazione dei medici e dei veterinari”
Gli xenotrapianti sono trapianti di organi, tessuti o cellule tra organismi di due specie diverse. Essi sono molto utilizzati in terapie sperimentali per patologie molto gravi e non solo. Le valvole cardiache biologiche, derivate da maiale sono, ad esempio, comunemente utilizzate in cardiochirurgia. Questo emendamento non solo impedirebbe questo tipo di cure, ma renderebbe inoltre impossibili (in Italia) gli studi e il perfezionamento di metodologie innovative per la creazione di organi compatibili e le ricerche su nuove terapie.
Per quanto riguarda le ricerche sulle sostanze d’abuso, problema che colpisce oltre 2 milioni di italiani l’anno, esse sono essenziali perché la conoscenza dei meccanismi è ancora approssimativa e questo rallenterebbe ulteriormente lo sviluppo di strategie e farmaci in grado di aiutare le persone a uscire dal tunnel della dipendenza.
Anche la parte finale della frase risulta vaga e, così messa, renderebbe impossibile a gran parte degli studenti (ad esempio ai biotecnologi, ai biologi…) fare esperienza nell’utilizzo e nella cura degli animali da sperimentazione.
Quando poi dovranno gestirli, sapranno farlo? Se si impedisce alle università di preparare gli studenti, chi deve farlo?
Per non parlare dell’emendamento che vieta l’allevamento degli animali in Italia che così dovranno essere importati dall’estero.
Un testo, dunque, che così emendato avrà come effetto quello di indebolire ulteriormente la ricerca e l’industria farmaceutica italiana, con risvolti anche sulla clinica (e quindi la nostra salute) ancora non ben chiari.
Quindi cosa abbiamo fatto a Roma?
Abbiamo fatto una breve manifestazione di fianco a Palazzo Madama, che ha attirato alcuni senatori di diversi schieramenti che ci hanno accolto in aula per discutere delle criticità rilevate e per formulare delle proposte concrete. Si sono mostrati, per fortuna, sensibili alle nostre preoccupazioni e disponibili a trattare e a trovare delle soluzioni.
Non voglio fare i loro nomi, né mi interessano i loro schieramenti. Vorrei ricordare che il problema del nostro parlamento non è, come ho già scritto, Scilipoti, ma il fatto che tutte le forze politiche in questi anni hanno votato leggi antiscientifiche.
Chiunque dunque è disposto ad ascoltarci, per me, è il benvenuto. E’ già un enorme passo avanti.
Questo è un passaggio chiave: il rapporto tra scienza e politica è fondamentale per migliorare la società in cui viviamo. Far sì che la scienza entri nella politica e che la politica parli, in modo serio, di scienza, è l’unico modo che ha questo paese per ricostruirsi un futuro. Vi sono gruppi, come Dibattito Scienza, che nascono esattamente con questo obiettivo: ovvero rendere il cittadino consapevole delle opinioni dei politici sui temi scientifici affinché ne possano dare un giudizio e usare anche la scienza come criterio per scegliere il proprio candidato.
Perchè le scelte sui temi scientifici non possono, non devono essere viste come un dettaglio per gli addetti ai lavori, ma come questioni fondamentali per tutti, perché da queste scelte dipende il progresso del Paese.
Non posso dire quale sarà l’esito finale di questa gita romana, ma l’azione di Pro-Test Italia è andata in una direzione ben precisa che non può che fare bene al nostro Paese. Oggi sono stati in pochi ad accoglierci, domani, mi auguro, saranno di più, dopodomani chissà…
Ogni volta che un politico si esporrà su un tema (scientifico) delicato obbligherà gli altri a fare altrettanto, a spiegare il perché ritengono di non dover ascoltare la voce della scienza.
Se ovviamente ci saremo noi a vegliare. Se riusciremo ad alzare il livello della discussione, aumentare la consapevolezza da parte dei cittadini e far sì che vengano prese decisioni più sensate che possano favorire lo sviluppo del Paese.
Perché ricordiamocelo, questa politica ha già deindustrializzato il nostro Paese, ha già dequalificato la professione di ricercatore sottopagandolo e umiliandolo, ora ha scelto di uccidere quel poco che resta di quella che un tempo era la grande industria farmaceutica italiana creando vincoli assurdi alla sperimentazione e allo stesso tempo stendendo tappeti rossi a “cure” senza uno straccio di prova.
Vogliamo lasciarglielo fare? Va bene, ma si chiama complicità.