La semina OGM di Fidenato sia solo l’inizio

L’Italia è lo Stato Membro con il più lento processo di recepimento delle Direttive europee e con il più alto numero di procedure d’infrazione aperte, attualmente quasi cento. Un problema trasversale, riportato recentemente dai media, che riguarda principalmente i temi economici, ambientali ed agricoli.

Uno dei temi scottanti, che vedono l’Italia e l’Unione Europea marciare in maniera non unitaria e su binari paralleli, è quello degli organismi geneticamente modificati (OGM).

È di questi giorni la notizia, riportata da Prometeus, della semina di mais OGM da parte del noto agricoltore friulano Giorgio Fidenato. Questo atto pubblico, che ha creato numerose reazioni, spesso scomposte, da parte in particolare della politica, nasce dalla recente pronuncia della Corte di Giustizia Europea, che ha ribadito – c’era bisogno? – la preminenza della normativa comunitaria sulle nostre procedure nazionali di autorizzazione della messa in coltura di OGM, che non possono aggiungere ulteriori lacciuoli ai prodotti regolarmente autorizzati a livello europeo.

Il significato politico della semina pubblica di Fidenato, che da sempre si è speso in prima persona per la libera scelta da parte degli agricoltori e per l’innovazione e la ricerca in agricoltura, è importante. Siamo infatti in un paese che, da Manzoni in avanti, è diventato tristemente noto per esser patria di Azzeccagarbugli di ogni genere e tipo, e le sentenze penali stesse cui Fidenato è stato fino ad oggi sottoposto lo dimostrano nella loro inconciliabilità tra loro e a volte anche nei confronti del diritto comunitario.

Vedere ridotta a una battaglia di carte bollate un tema così importante come quello degli OGM, anche ai fini della ricerca biotecnologica, è triste, se pensiamo che paesi con economie traballanti ed un contesto idrogeologico complesso come la Spagna sono avanti anni luce rispetto a noi.

Pochi giorni fa ho assistito ad una conferenza del Segretario di Stato Owen Paterson, parlamentare britannico responsabile per le politiche agricole del Regno Unito, in cui ha dichiarato il suo forte interesse a promuovere l’uso degli OGM in Europa al fine di aggredire le sfide globali di sostenibilità agro-alimentare del pianeta, poiché “l’Europa può fare molto per facilitare un equo e sufficiente accesso al mercato a prodotti OGM”.

Anni luce di distanza anche in questo caso rispetto al nostro Paese e al retaggio economico e culturale del nostro Ministero delle Politiche Agricole, espresso nelle recenti posizioni del Ministro Nunzia De Girolamo durante il dibattito che ha richiesto al governo l’approvazione della clausola di salvaguardia prevista dal Regolamento 1829/2003/CE. Nunzia De Girolamo ha infatti affermato, sugli OGM: “Credo che l’agricoltura italiana non abbia bisogno degli Ogm, credo invece che ci dobbiamo confrontare con le eccellenze offerte dal nostro Paese e che danno lustro al made in Italy”.

Come se il nostro paese non avesse sfide da affrontare sul fronte agricolo e non necessitasse di innovazione.

Sarebbe anche ora che il nostro Paese riuscisse a maturare una cultura della ricerca e dell’innovazione scientifica come base per lo sviluppo del Paese, non solo in agricoltura.

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