La comunicazione scientifica passa per Science OnLine – Day1

science online scicommScience Online non è il solito convegno di comunicazione scientifica, è qualcosa di più. A Science Online non ci si iscrive, si può solo inserire il proprio nome in un form e sperare di essere tra i fortunati estratti a sorte per partecipare a questo evento organizzato dai protagonisti della comunicazione scientifica statunitense, che quest’anno si è tenuta a Raleigh in Carolina del Nord, dal 31/1 al 2/2.

Science Online è diverso anche per il format delle sessioni, qui  non ci si siede ad ascoltare uno speaker, qui tutta la platea partecipa condividendo esperienze, buone pratiche, dubbi e conoscenza.

Il calendario è ricchissimo e tocca tutti i grandi temi della comunicazione scientifica.  A iniziare dal controverso open access (#scio13openaccess), messo su una bilancia per misurarne costi e benefici. Mentre in Italia la preoccupazione principale legata all’open science sembra essere la pirateria dei dati, qui il timore principale non sembra essere il furto o il plagio, ma pittosto che il proprio lavoro venga comunicato in modo errato. Le pubblicazioni open sono, infatti,  una fonte accessibile di notizie per quei blogger appassionati di scienza, ma spesso poco competenti, che travisano il significato della ricerca, o la comunicano male, diffondendo nel web una serie di notizie non corrette alle quali il nome del ricercatore viene inesorabilmente collegato. Da qui la necessità per ogni scienziato di diventare a sua volta blogger per spiegare la ricerca con testi divulgativi che possano essere compresi da tutti  ed eventualmente servire come traccia per i blogger.

Interessante anche la sessione sull’uso dei social media a scuola (#tagacad). Per avvicinare i giovani alla scienza, nelle scuole si organizzano Google Hang Out con gli scienziati o Twitter chat come  #Scistuchat, che ha cadenza mensile e permette agli studenti di confrontarsi su temi di attualità come i cibi geneticamente modificati o la ricerca spaziale.

Si parla anche di comunicazione visiva  (#scisummary) perchè  per comunicare la scienza oggi le parole non bastano più. Anzi per spiegare i concetti più complessi si suggerisce di usare poco testo, organizzato in  diagrammi capaci di creare le connessioni logiche tra gli argomenti e di utilizzare il più possibile immagini esplicative. Ma la sintesi non è cosa facile, la scelta di quali informazioni tagliare è sempre difficile, e allora ecco il suggerimento per esercitarsi: riassumere concetti e articoli, scriverli in massimo 140 caratteri come se fossero tweet. Sembra un suggerimento a prima vista banale, ma non lo è affatto. In fondo è proprio con un tweet che riusciamo a catturare l’attenzione delle persone, e a stimolarle a leggere il nostro articolo.

Infine la sessione più accattivante della prima giornata di Science Online,  quella dedicata ai blogger  (#scio13haul) che  non poteva che essere moderata dai blogger di Scientifica American. Perché qui per la carriera di uno scienziato il blogging sta diventando sempre più importante e perché attraverso l’interazione con i propri lettori si può capire perché alle persone interessa la scienza, ma soprattutto i blog degli scienziati sono uno strumento didattico per moltissimi insegnanti americani che vogliono avvicinare i giovani alla scienza.

La sessione  si può ricostruire leggendo i 300 tweet scambiati in poco meno di un’ora dai presenti, ricchissimi di suggerimenti per far sopravvivere a lungo un blog, per sopravvivere a un cambio di piattaforma, per  superare il blocco dello scrittore.  Quali sono i suggerimenti per superare il blocco dello scrittore? Permettersi  di scrivere anche di piccole cose, mettersi il cuore in pace e accettare di scrivere in modo sporadico, postare un’immagine o un video, chiedere ai propri lettori quale argomento vorrebbero fosse trattato, prendere ispirazione da notizie e come dice Bora Zivkovic, blog editor di Scientific American, “Non aspettate il post perfetto , scrivete!”

Cristina Rigutto on Google+

Commenti

commento/i