Kary Mullis: un ricordo personale
Kary Mullis è stato una figura controversa, tra le altre cose anche per le sue posizioni su AIDS e cambiamento climatico decisamente diverse da quelle della comunità scientifica. Sfortunatamente molto simili a quelle di alcuni personaggi ben noti alla politica di oggi. Non credo sia per questo però che Mullis, premio Nobel per la chimica nel 1993, sia stato ignorato dalla maggior parte dei giornali e, ahimè anche da riviste scientifiche più famose. E questo forse è ancora più preoccupante.
Dovrebbe essere ovvio, ma la messa a punto della PCR da parte di Kary Mullis, che gli ha valso il Nobel, ha cambiato la storia, non solo quella di una comunità ristretta di scienziati specializzati in un settore di nicchia.
La PCR (reazione a catena della polimerasi) è una tecnica oggi utilizzata nei campi più disparati, dalla biologia alla medicina, dallo studio di batteri, alle piante, animali e uomo. È uno strumento fondamentale per le biotecnologie moderne, ma ancora più indispensabile per la diagnostica ospedaliera in moltissimi settori. È alla base dell’identificazione di infezioni, di diagnosi prenatali e chi più ne ha più ne metta.
Forse non sono molti a saperlo, ma credo che il ruolo dell’informazione sia anche rendere queste conoscenze più accessibili a tutti.
Di Kary Mullis ho però un ricordo personale molto marcato. Ho avuto la fortuna di conoscerlo per la prima volta da Presidente ANBI nel 2004, quando l’Università di Bologna gli ha conferito la laurea ad honorem in Biotecnologie Farmaceutiche. Una scelta brillante da parte dell’allora Preside di Farmacia Cantelli e del Presidente del Corso di Laurea in Biotecnologie Masotti. Fu una delle occasioni per raccogliere anche tutte le società scientifiche italiane, come la nostra, e rafforzare i contatti e le collaborazioni internazionali di più alto livello.
In quei giorni, in cui Kary Mullis è rimasto a Bologna con sua moglie Nancy, abbiamo parlato molto e di molte cose. Una frase che disse allora però non dimenticherò mai, ed è sempre stata fonte di ispirazione nel mio lavoro di ricerca:
uno scienziato non dovrebbe mai perdere non solo la curiosità, che rappresenta la base del lavoro di scoperta, ma anche e soprattutto non dovrebbe mai perdere nemmeno la capacità che hanno i bambini di stupirsi di fronte a qualcosa di nuovo.
Mentre lo diceva, guardava con curiosità un piccolo registratore portatile che Denis Bilotta stava usando per registrare l’intervista per Prometeus, appena riproposta su queste pagine. Mullis portò ad esempio proprio la sua curiosità per quel piccolo strumento, ed era così genuina nel suo sguardo che mi colpì moltissimo. In qualche modo credo che questo si debba applicare non solo al lavoro di ricerca.
Un personaggio impossibile da dimenticare, anche per la sua personalità del tutto speciale ovviamente, pieno di contrasti: ricordo la capacità di condividere la visione del futuro del settore biotech, con lucidità e realismo, insieme ai momenti del tutto esilaranti. Come quando stava scrivendo la dedica sulla mia copia del suo libro, e iniziò scrivendo “A Kary”. E tutti si misero a ridere.
Si possono dire molte cose su Kary Mullis, ma credo che quell’incontro insieme ai giovani biotecnologi dell’ANBI, in quel 2004, abbia cambiato moltissimo il modo di pensare alla scienza e anche di lavorare di molti di noi presenti. Credo sia stato fonte di ispirazione e di riflessioni, e penso che per questo debba essere ricordato, insieme al fatto che l’invenzione della PCR ha cambiato per sempre la vita di tutti.