In memoria di Kary B. Mullis

Lo scorso 7 agosto il padre della PCR, e premio nobel per la chimica del 1993, Kary B. Mullis ci ha lasciati. E’ venuta a mancare una delle figure più controverse e fuori dal comune alla base dello sviluppo delle biotecnologie a livello mondiale.

Prometeus vuole ricordarla riproponendo l’intervista che uscì sul suo primo numero, a firma Denis Bilotta, raccolta in occasione della consegna a Mullis della Laurea Honoris Causa da parte dell’Università degli Studi di Bologna il 4 maggio 2004.

Dr. Mullis qual è per lei la cosa più bella della ricerca?
Cosa preferisco io, intendi?

Esatto
Diverse cose, sono cambiate con gli anni. Per un po’ sono stato un chimico del DNA, ora sono un immunologo, sto lavorando ad un progetto pilota.

Ma in ogni campo cerca qualcosa che…
Che mi colpisce, sì.

Ma esiste un elemento comune, qualcosa che la appassiona e che ritrova in ognuna delle sue esperienze?
Sì, diventare uno specialista nel settore, in particolare la biochimica.
Ho studiato intensamente per 2 anni, e ora mi considero un immunologo professionista. Adesso posso parlare con gli immunologi, capire gli articoli e lavorare, nel loro settore. Il motivo per cui ho fatto questo, in prima istanza, il fatto di avere inventato qualcosa che possiede enormi potenzialità. Ora sto cercando di sfruttarle. Ho bisogno di sapere qual è lo stato dell’arte nell’immunologia per poter relazionarmi con gli specialisti di questo settore. È stato molto bello e motivante, nonostante non sia stato facile imparare l’immunologia studiando grossi e pesanti libri.

Continua a divertirsi in laboratorio?
Ora non lavoro più in laboratorio, nonostante debba dire che fare ricerca sia veramente bello. Quello che faccio attualmente è andare dalle agenzie che finanziano progetti di ricerca, come la DARPA (Defense Advance Research Project Agency) che lavora molto bene, allo scopo di ottenere fondi. Questi soldi mi servono per pagare persone che lavorano su diverse linee di ricerca, con cui collaboro anche nella parte sperimentale. Sono in contatto con direttori di laboratori che portano avanti quello di cui in effetti mi occupo ora: la lotta contro una serie di malattie molto pericolose quali ebola, vaiolo e influenza.
Non puoi lavorare su questo da solo, non riusciresti ad imparare tutto quello che serve sapere, devi andare da qualcuno che ha già esperienza nel campo. Collaboro con molte persone: specialisti del virus ebola, del vaiolo e di quello dell’influenza. Quello che faccio ora è trovare gli esperti di queste malattie, ed è abbastanza facile: le stesse agenzie desiderose di finanziare le ricerche, sanno chi lavora su cosa, ed è sufficiente andare da loro chiedendo “Vuoi lavorare su questo progetto con me?” in pratica offrendo il tuo aiuto per cercare grants o ricercatori necessari a quel laboratorio. Se hai già la strumentazione, puoi ottenere il sapere.

È l’unico modo per fare questo?
È il modo per ottenere il miglior risultato. Capisci, avrei bisogno di una vita intera per imparare ogni dettaglio su un tema semplice come il vaiolo, ed ho una lista di 20 cose differenti su cui voglio lavorare.

Qual è la cosa importante per diventare un buon scienziato: voti brillanti, dedizione, fortuna, curiosità o cos’altro?
Fortuna? Ma per favore…(si mette a ridere, NdR)

Beh diciamo che era una provocazione…
Fare quello che ti piace. Non fare lo scienziato per soldi, fortuna, o fama, l’evidenza lo dimostra, poiché la maggior parte non ottiene nulla di ciò, quindi stupido farlo per una di queste ragioni. Se non ti piace fare scienza, quello che si fa oggigiorno, se non ti piace leggere gli articoli, studiare e tutta questa roba qua… lo senti dentro, non ti piace. E se non ti piace, lascia perdere, non c’è nessuna ragione per farlo. Alcune di queste cose possono essere divertenti di per sé per alcuni, e tu lo sai se ti divertono o meno, quindi non andare da nessuno a chiedere cosa fare e che strada prendere per andare avanti. Ci sono già delle cose che ti interessano. Questo non è un campo dove devi necessariamente lavorare duro e fare tutto. Non è così che funziona la scienza. Se ti diverte qualcos’altro, fallo. Io non sarei felice se facessi qualcos’altro, anche se mi portasse al successo, non sarei a mio agio se non sapessi le strutture
chimiche di ciò che mi circonda, non mi sentirei a mio agio assumendo sostanze e mangiando. Devo sapere di cosa si tratta, voglio essere in grado di prendere tutte le decisioni che mi riguardano, non voglio essere aiutato da nessuno che mi dica “Questo sì, questo no”, unicamente in base ai sui scopi.
Se ti piace fare lo scienziato, lo sai già, e probabilmente saprai quale ramo della scienza ti interessa, strada facendo.

Cosa suggerirebbe ad uno studente?
Prova un po’ di strade, non è sempre chiaro fin da subito cosa può interessarti. Devi capire anche se ti piace più in generale “scoprire” le cose. Leggi quello che viene pubblicato: un ottimo modo per capire cosa succede e cosa fa la gente. Limitarsi a fare gli esperimenti nel tuo laboratorio ti fa vedere solo una minima parte di quello che si può fare.

Come scienziati e studenti di biotecnologie ci troviamo spesso “sotto pressione” dalla società. Considerando il contesto attuale globale, quale pensa sia il ruolo dello scienziato nella società moderna?
Beh, lo stesso ruolo che ha sempre avuto. Quello che possiamo definire come “il generatore di minacce” ha da sempre prodotto la maggior parte delle cose positive che oggi vediamo. Se consideri le cose positive, quello che la gente apprezza, beh se lo fai con assoluta buona fede e senza pregiudizi, molte di queste cose vengono dagli scienziati, cui generalmente non siamo riconoscenti.
Quelli che fanno i soldi non sono coloro che scoprono le cose, ma i business-man, che arrivano, sfruttano il lavoro degli scienziati e si prendono il merito. È così che va. È quello che fanno per guadagnarsi da vivere, cercano le galline dalle uova d’oro, le prendono e ci fanno i soldi.
Ma tutte le cose che rendono la vita più facile e più interessante vengono da coloro che hanno capacità tecniche, persone che hanno inventato la radio, la TV, gli orologi, i cellulari, e tutto il resto. Capisci, tutti quegli uomini e tutte quelle donne che hanno fatto ciò, sono stati praticamente topi da bancone: ogni cosa che hanno fatto l’hanno svenduta, permettendo di abbassarne il prezzo. In questo modo, si è proceduto con piccoli miglioramenti successivi, partendo da cose fatte da altri. Viene sempre fuori qualcosa, un nuovo approccio, una scoperta che apre nuove ed enormi possibilità, il bello di fare lo scienziato, ma oggigiorno è diciamo… antiglorificato!
Ma se guardi nell’arco di 300 anni, pensa a dove siamo oggi, a quello che abbiamo oggi, a quel coso ad esempio (indicando il registratore, NdR). 300 anni fa, un oggetto come quel registratore sarebbe stato considerato magico: senti la tua voce, la riascolti ancora, è impossibile, sei uno stregone! Amiamo tutto questo genere di cose, le vedi in giro ovunque.

Ci poniamo certe domande alla luce delle proteste contro gli scienziati che si sentono oggi…
Ok, ma la storia su certe cose assomiglia ad un pendolo, fa avanti e indietro continuamente.
Tra le componenti principali del registratore, c’è il microfono. Se fossi interessato a capire come funziona, sarebbe interessante sapere come si è arrivati a questa invenzione: lavorando su membrane biologiche, alcuni videro che stirandole e deformandole, si otteneva una variazione di conduttività tra due elettrodi ad essa applicata.
E poi il transistor, secondo me una delle cose più incredibili che fa parte del mondo odierno, che fu inventato da John Bardeen nei laboratori Bell durante la seconda guerra mondiale.
Allora si sapeva che era possibile costruire un diodo allo stato solido impiegando 2 superfici metalliche tenute insieme da un semiconduttore: la corrente passa solo in una direzione e non nell’altra. Ma puoi fare anche un triodo: ti permette di amplificare il segnale tra gli elettrodi. A quel tempo nei laboratori Bell pensavano non fosse possibile, perché geometricamente non si riesce a mettere in contatto per i 5/8 dell’area 3 solidi, ed è vero. Si direbbe che non ci sia modo di costruire i transistor. Ma Bardeen, insistette, nonostante anche il suo capo gli dicesse di lasciar perdere. Come fece? Sfruttò il vuoto. E costruì il primo transistor.

“Fai quello in cui credi” insomma. “Surfa” ancora?
Ogni volta che posso. Non ho più la casa sulla spiaggia, e devo guidare per 35 chilometri, quindi non faccio più surfing tutte le mattine.

E quale tavola preferisce, longboard o shortboard?
Longboard, non mi sono mai piaciute le shortboard, e ho sempre avuto problemi di equilibrio con queste ultime.

Grazie dottor Mullis.

Il numero 001 di Prometeus

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