Analisi sui Vaccini di Corvelva: emergono gravi errori metodologici
Scoppia la polemica attorno allo studio sui vaccini promosso da CORVELVA, nota associazione free-vax sostenuta, anche economicamente, dall’Ordine Nazionale dei Biologi.
La notizia, rilanciata in prima pagina da Il Tempo, con tanto di intervista al presidente dell’Ordine Vincenzo D’Anna, è di quelle che meritano attenzione:
I vaccini analizzati non conterebbero gli antigeni che dovrebbero contenere e sarebbero inoltre pieni di contaminanti.
Data la portata di tali risultati, e la loro totale divergenza rispetto a quanto noto, non poteva mancare l’attenzione da parte degli esperti del settore che hanno voluto vederci chiaro.
Hanno iniziato fin da subito Enrico Bucci, ricercatore e autore del libro Cattivi Scienziati, che tra le varie cose si occupa di verificare che non vi siano manipolazioni nei dati scientifici pubblicati. Famosa la sua analisi delle pubblicazioni contro gli OGM di Infascelli, tuttora in organico all’Università Federico II di Napoli, che risultarono pesantemente manipolate.
Bucci in questo caso evidenzia diversi errori metodologici e, rispetto a quanto dichiarato da CORVELVA e preso per buono anche dall’Ordine Nazionale dei Biologi:
dai dati CORVELVA finora presentati non è possibile trarre alcuna evidenza sufficiente. Non si osserva infatti né che gli antigeni siano assenti nel vaccino, né che i presunti contaminanti corrispondano a quanto identificato; piuttosto, si deriva una certa trascuratezza di nozioni di biochimica di base circa l’effetto dell’alluminio sulle serin-proteasi e una sovrainterpretazione molto poco giustificata di alcuni segnali di spettrometria di massa, per i quali tra l’altro non viene fornita alcuna evidenza originale né alcun dettaglio sufficiente a ricostruire il trattamento statistico effettuato.
Sulla stessa linea, in particolare sull’inadeguatezza dei metodi utilizzati da CORVELVA e sulle interpretazioni date ai risultati, anche il sito che si occupa di pseudoscienze Skeptical Raptor:
This is a ridiculous study that uses amateurish biochemical methods to arrive at conclusions that support their beliefs. A real study would have asked a question like “are there antigens in the vaccine,” and attempted to answer it with well-controlled, well-designed studies.
Nel frattempo si sono espressi anche altri esperti, quali Gennaro Marino, accademico nazionale dei Lincei, esperto di proteomica e spettrometria di massa, Alessandro Finazzi Agrò, già ordinario di biochimica all’Università di Tor Vergata ed esperto di enzimologia, o Gerry Melino, per dieci anni direttore del dipartimento di Medicina Sperimentale all’Università di Tor Vergata, con lunga esperienza presso la Unità di Tossicologia del Medical Research Council di Cambridge in Inghilterra.
Tutti sottolineano, pur con accenti diversi, che le analisi sono state condotte in maniera del tutto inappropriata e le conclusioni corrispondono a prendere fischi per fiaschi.
La domanda che però circola maggiormente all’interno della comunità scientifica e ripresa anche da Medical Facts, è sul perché di fronte a dati così anomali non si sia adottata la strada tipica della scienza, ovvero quella della revisione dei dati tra esperti per verificarne la bontà prima di lanciare l’allarme. Qualora tali dati venissero smentiti infatti si profilerebbe addirittura il reato di procurato allarme.
Particolare preoccupazione inoltre suscita il fatto che il nome del laboratorio che ha svolto le analisi sia tuttora segreto, impedendo di valutare il possesso delle caratteristiche e competenze necessarie e a svolgerle in qualità. La scienza richiede sempre trasparenza.
Alla luce di quanto sta emergendo e in particolare dell’uso improprio che è stato fin qui fatto di dati preliminari e non verificati, invita l’Ordine Nazionale dei Biologi a rivedere la sua politica di finanziamento e supporto nei confronti di realtà non riconosciute dalla comunità scientifica, e a rendere pubblica l’identità del laboratorio che ha realizzato le analisi sia per fugare qualsiasi dubbio sulla presenza di eventuali conflitti di interesse, siano essi di natura economica o politica, sia per consentire una valutazione la più oggettiva possibile della credibilità dei dati diffusi.