Stati Generali della Ricerca sanitaria: questa volta ci siamo (forse)
Forse è la volta buona, sembra si faccia sul serio. Questo è il pensiero che mi è sembrato prevalere tra i partecipanti agli Stati Generali della Ricerca Sanitaria, una lunga due giorni ricca di spunti e di nuove speranze concrete per la ricerca biomedica, che è parsa davvero come qualcosa di diverso ed innovativo rispetto alle solite iniziative “di settore” a cui siamo abituati.
Chiariamo subito che non si è sentito parlare dei 2,5 miliardi di euro annunciati dal Premier, che è noto avere particolare predilezione per le iperbole, ma questa volta oltre le parole non è mancata la concretezza, soprattutto grazie alla pragmaticità del Ministro Lorenzin che credo invece sia doveroso riconoscerle.
Lorenzin che ha voluto sì, giustamente, sottolineare i numeri di eccellenza della Ricerca Biomedica made in Italy, ma che ha anche avuto l’onestà intellettuale ed il coraggio di ammettere che esistono delle difficoltà che impediscono alla sanità di essere efficace ed efficiente. Non si può pensare alla medicina di precisione se non si ha ancora una centrale unica di acquisto, e non si può prescindere dal fatto che la Legge di Stabilità si fa una volta l’anno, per dirla brutalmente.
Tuttavia, è evidente il cambio di passo rispetto a tempi precedenti. Innanzitutto l’evento in sé, unico nel suo genere, con partecipazione e confronto diretto tra importanti esponenti di politica ed istituzioni e ricercatori, giovani e più affermati, seduti uno accanto all’altro ad ascoltarsi e chiarirsi. Secondo, ma non di minore importanza, l’emozione che Lorenzin ha saputo trasmettere. Sono un po’ scettico nei confronti della politica, lo riconosco, ma devo anche ammettere che mi ha sorpreso vedere un Ministro della Repubblica “rinchiuso” per due giorni in un auditorium con centinaia di ricercatori senza perdersi un intervento e partecipare attivamente alla discussione.
Credo che questa volta gli appelli del mondo scientifico ed imprenditoriale legato alle life sciences non rimarranno inascoltati. Il percorso è lungo e nessuno si deve illudere, ma certamente il fermento è evidente.
Fermento come quello che ha accompagnato la standing ovation che è stata riservata alla Sen. De Biasi quando ha ricordato che è ipocrita un Paese in cui si pongono limiti alla sperimentazione animale e poi si va a farla all’estero. L’ipocrisia sta nel fatto che la sperimentazione animale è ancora insostituibile e non può essere oggetto di moratoria, come quella che ci ha portato alla messa in mora da parte della Commissione Europea per recepimento “fantasioso” (all’italiana, direi) della Direttiva 2010/63/UE.
Mentre i Presidenti di Farmindustria e di Assobiotec, Scaccabarozzi e Palmisano, hanno convenuto come il biotech sia settore assolutamente strategico ed abbia bisogno di incentivi per la crescita e il superamento della “malattia da sottocapitalizzazione cronica”, De Molli di Ambrosetti ha ricordato che la crescita del PIL è direttamente proporzionale agli investimenti in R&D perciò è importante far crescere il sistema anche superando l’equivoco per cui si confonde spesso “massa critica” con “quantità” come sottolineato anche dalla Direttrice Telethon Francesca Pasinelli.
Presentate inoltre le due nuove sfide competitive 2016: il Bando AIFA, 48 milioni di euro per la ricerca clinica indipendente e il Bando Ricerca Finalizzata, volto sostenere ricerche di eccellenza di Giovani Ricercatori, Ricercatori affermati e Ricercatori italiani all’estero con una dotazione finanziaria complessiva di 135 milioni di euro e 13 per i Progetti di Rete Regionali.
Infine, il riconoscimento della professione del Ricercatore: il secondo capitolo di un intervento normativo in corso di finalizzazione che porrà l’accento sui ricercatori impiegati presso gli IRCCS che non erano stati contemplati nella precedente Legge Madia sulla Carta Europea dei Ricercatori.
Credo che questa volta si faccia sul serio…
#ricercaperlasalute