Leucemia, ricerca italiana dimezza complicanze post-trapianto

Le complicanze post-trapianto sono uno degli ambiti su cui da tempo i ricercatori concentrano i loro sforzi per rendere sempre più sicure le fasi post-operatorie. Tra le più pericolose quelle legate ai trapianti di cellule staminali nel pazienti affetti da leucemia. Una nuova terapia sperimentale, descritta nell’ultima edizione dell’autorevole New England Journal of Medicine, sembra poter dimezzare i rischi della cosiddetta “malattia dell’ospite”, o “Graft Versus Host Disease” (GVHD), la più pericolosa complicanza del trapianto di midollo osseo. Senior Author dello studio l’italiana Francesca Bonifazi, 46 enne, trapiantologa al Policlinico Sant’Orsola di Bologna e Presidente del Gitmo (Gruppo Italiano per il Trapianto di Midollo Osseo). Il gruppo coordinato dalla Dr.ssa Bonifazi è riuscito a contenere proprio la “malattia dell’ospite”, il paradosso che si verifica proprio a seguito del trapianto. L’ipotesi degli autori è che l’aggiunta di un siero contro i linfociti T (globulina anti-linfocitaria, ATG), al regime standard di preparazione al trapianto possa ridurre significativamente l’insorgenza della complicanza, senza tuttavia pregiudicare l’efficacia del trapianto stesso. Lo studio, condotto su 161 pazienti affetti da leucemia acuta, ha comparato il tasso di GVHD tra i pazienti che hanno ricevuto un regime standard di condizionamento e quelli che hanno ricevuto lo stesso ma con l’aggiunta di ATG prima del trapianto di cellule staminali emopoietiche da cellule staminali periferiche di un fratello HLA identico (cioè con la massima compatibilità). Al di là di ogni previsione più ottimistica, dopo 24 mesi di osservazione l’incidenza di GVHD è stata del 68,7% nel braccio di controllo e del 32,2% in quello sperimentale. “Nei casi più gravi, che portano alla morte, questo calo è ancora più drastico: da oltre il 50% al 7% di casi di malattia” – dice il medico italiano in un’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica – “I trapianti ora saranno più sicuri, con meno effetti collaterali ma con la stessa efficacia. Sono orgogliosa e fiera di dire che una grossa parte di questo studio è italiana. Che 90 dei 161 pazienti oggetto della sperimentazione sono italiani e li ho coordinati io”.

La GVHD è la complicanza più temuta nei trapianti di midollo e rimane una delle principali cause di morbilità e mortalità non recidiva dopo il trapianto allogenico di cellule ematopoietiche. Nel trapianto di cellule staminali emopoietiche infatti si trasferisce nel paziente non solo l’emopoiesi (cioè la produzione del sangue) del donatore, ma anche il suo sistema immunitario. I linfociti del donatore sono da un lato parte della cura, visto che ‘attaccano’ non riconoscendole le cellule malate del ricevente. Ma possono spesso attaccare anche altre cellule del paziente, diventando una grave malattia (appunto, dell’organismo ‘ospite’) che lede gravemente organi e tessuti come cute, fegato, intestino od occhi con conseguenze che possono anche essere mortali.

La ricercatrice italiana è apparsa molto emozionata alla presentazione della pubblicazione ed ha confessato: “Questo è lo studio della mia vita, al quale lavoro da dieci anni”. Una missione cominciata quando un paziente le confidò che, viste le sofferenze che stava passando, forse sarebbe stato meglio morire.

“Un modo efficace per aver cura dei nostri pazienti” ha commentato Michele Cavo, direttore dell’Ematologia del Policlinico bolognese.

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