Lo spazio che condividiamo
Un gruppo di neuroscienziati del Karolinska Institute ha dimostrato che il cervello usa gli stessi neuroni per rappresentare lo spazio attorno al nostro corpo e lo spazio attorno al corpo degli altri, creando un unico “circuito”.
Per saperne di più, Rollin’ Science ha parlato con Claudio Brozzoli, primo autore della ricerca, pubblicata questo mese su Current Biology.
Giá da qualche anno, sappiamo che certe zone del cervello sono responsabili per la rappresentazione dello spazio che circonda il nostro corpo – ci racconta Claudio – Per esempio: un certo gruppo di neuroni si accende non appena una palla da tennis si avvicina alle mie mani, pronte a riceverla. È come se, ad una certa distanza, gli oggetti che ci circondano entrassero sotto il “radar” del cervello, che ne prendessimo coscienza
I ricercatori pensano che questa attività sia importante per l’interazione con lo spazio che ci circonda, come per prendere in mano una penna, o evitare il fendente di un’arma. Tali neuroni sono stati battezzati peripersonali.
Ma quanto è grande questo radar?
I primi studi, condotti dall’italiano Rizzolatti, trovarono neuroni in attività quando qualcosa si avvicinava a più di 5 cm dalla nostra pelle. Questa zona è chiamata spazio ultra peripersonale, ed i neuroni in questione sono gli stessi che si accenderebbero se qualcosa ci toccasse per davvero!
C’é poi un gruppo di neuroni che si attivano nei primi 30cm di spazio, e questo è generalmente definito come zona peripersonale, quella in cui il nostro lavoro di focalizza.
Lo spazio peripersonale può essere visto come quella zona privata che molti provano disagio nel condividere con altri, come per esempio quando ci sediamo troppo vicini a qualcuno aspettando l’autobus. Ma questa ricerca ci fa riflettere, perché il nostro cervello ha una specifica popolazione di neuroni peripersonali che mescolano il nostro spazio e quello delle altre persone.
Quello che abbiamo scoperto è che la stessa parte del cervello che rappresenta lo spazio intorno a noi, rappresenta anche lo spazio attorno ad un’altra persona. In concreto, il mio cervello capisce cosa stia accadendo attorno a te perché attiva gli stessi circuiti cerebrali che userebbe se quella cosa stesse succedendo a me.
Un miscuglio di coscienze, in sostanza. Un collegamento inscindibile nello spazio tra due persone.
Per scovare questi neuroni, la ricerca ha coinvolto più di 20 volontari, ed ha utilizzato sofisticati sistemi di monitoraggio del cervello come functional magnetic resonance imaging (fMRI) che permette ai ricercatori di visualizzare l’attività dei neuroni. L’esperimento in sé è semplice: monitorare l’attività celebrale mentre un oggetto si avvicina alla nostra mano o si avvicina alla mano di un’altra persona che possiamo vedere.
Gli scienziati sono però andati oltre, ed hanno documentato come i neuroni peripersonali-specchio non si eludano facilmente. Quando alle persone veniva fatto vedere un oggetto avvicinarsi ad una mano finta (che assomigliava in tutto e per tutto ad una mano umana), i loro neuroni peripersonali rimanevano spenti.
Esiste qualcosa nella nostra testa specificamente dedicato a legare il nostro spazio con lo spazio di altri esseri umani, e non con oggetti inanimati che pure gli assomigliano.
Immediato il riferimento ai neuroni-specchio, scoperti dall’italiano Rizzolatti negli anni ’90. Anche il quel caso, si scoprì che alcuni circuiti del cervello si accendevano sia nell’eseguire un’azione (mangiare una mela) che nel vedere un altro fare quella stessa azione.
Ma che cosa se ne fa il cervello di questa “coscienza incrociata”?
Per i neuroni specchio, i neurobiologi credono che questi “super-circuiti” servano per cementare concetti astratti, come “l’idea di mangiare mele”, sia che questo atto venga fatto da noi stessi o che lo si veda fare. Nel caso dei neuroni peripersonali-specchio (mi auguro che si arrivi ad un nome giornalistico più accattivante), Brozzoli commenta:
Da una parte possiamo pensare che questa sia una strategia messa in atto dall’evoluzione per aiutarci ad interagire meglio con altri esseri umani, con i quali scambiamo utensili e comunichiamo con gesti a distanza ravvicinata. Ma potrebbe esserci altro: le informazione che viaggiano attraverso i neuroni peripersonali possano influenzare i nostri pensieri sulla persona che abbiamo davanti: se essa è un nemico, o viene percepita con affetto, la rappresentazione dello spazio in condivisione potrebbe essere diversa. E viceversa: lo spazio che “sentiamo” attorno al prossimo potrebbe influenzare l’idea che si ha su di lui.
Ma per testare scientificamente queste ipotesi ci vorrà ancora molto tempo. Gli scienziati sperano sempre in un avanzamento nelle tecnologie di monitoraggio del cervello umano che, sebbene abbia raggiunto risoluzioni impensabili, è ancora lontano dall’osservare quale singolo neurone sia responsabile per quello che facciamo. O percepiamo.