La sonda Galileo, Fukushima e la fine del mondo

Nessuno lo sa, ma 10 anni fa abbiamo rischiato la FINE DEL MONDO per aver provocato un’enorme esplosione nucleare sul pianeta Giove.

Inizia così un recente articolo che ha fatto in poche ore il giro del web e che ha sollevato non pochi dubbi anche in chi, come me, non ha una conoscenza molto approfondita della materia. I conti a non tornare sono infatti parecchi:

“(…) un astrofilo dilettante, Olivier Meeckers, nel fotografare il pianeta Giove si è accorto che (…) si era formata una macchia nera di origine sconosciuta (…), qualcosa che non ha mai avuto una spiegazione ufficiale da coloro che gestiscono l’informazione pubblica e dalla NASA in primis.”

Qui si parla della sonda Galileo, lanciata nel lontano 1989 che, per guasti dovuti all’usura, è stata fatta precipitare su Giove. Si trattava di un evento programmato e documentato. Pare, dunque, sinceramente strano che la NASA non sapesse nulla dell’impatto della sonda e che sia stato un astrofilo alle prime armi a notare una macchia di dimensioni “approssimabili a quelle del nostro pianeta”.

Di seguito si sostiene che:

Galileo usava come propellente 48 Kg di Plutonio 238. Quando la sonda è precipitata nell’atmosfera di Giove (composta per la maggioranza da idrogeno), è arrivata ad una profondita tale che le forze combinate di pressione e temperatura hanno portato all’autoinnesco di questa specie di bomba nucleare da 800 chilotoni.

Dai dati ufficiali si può constatare come la sonda contenesse 925 Kg di carburante, ma non vi è alcun riferimento al Plutonio 238. E’ possibile, semmai, verificare che il Plutonio veniva usato, invece, per alimentare i circuiti elettrici, in due generatori da 7,8 Kg l’uno.

Va poi sottolineato che per il raggiungimento della massa critica e la conseguente fissione nucleare sono necessari almeno 10 Kg compressi in un piccolo spazio. Il Plutonio presente sulla sonda, invece, nonostante fosse in quantità superiori, era suddiviso in 72 camere e, anche una volta impattato contro il pianeta, il satellite si è frantumato e disperso all’interno della sua atmosfera e così il Plutonio.

Infine si conclude che:

Il rischio che abbiamo corso, è che il nucleo di Giove potesse raggiungere quella “massa critica” che avrebbe potuto farlo “autoaccendersi”, trasformandosi in un secondo sole.

Si parla probabilmente della possibilità di una fusione nucleare, grazie all’alta concentrazione di idrogeno presente nell’atmosfera di idrogeno, che avrebbe potuto far raggiungere a Giove le dimensioni sufficienti per trasformarsi in stella, emettendo quindi gas infuocato che avrebbe inglobato la Terra. Premesso che né la fissione né la fusione nucleare potevano avvenire, Giove ha una massa decisamente troppo piccola per poter diventare una stella: dovrebbe aumentare di circa 80 volte la sua massa e, anche a intuito, è difficile credere che tutto questo possa venir provocato da una sonda di tali dimensioni.

Alcuni dettagli della vicenda son facilmente verificabili, altri meno perchè richiedono una formazione che io stesso non possiedo.

Fa riflettere, però, la facilità con cui si gridi al disastro e alla catastrofe fantascientifica, senza perlomeno consultare le fonti (l’articolo originale è stravecchio) e domandarsi se quanto riportato, specie vista l’eccezionalità dell’evento, abbia o meno un fondo di verità.

Sebbene l’astrofisica non sia né il tema principe di Prometeus, né il mio, in realtà quel che interessa è come viene gestita la comunicazione attorno a questi eventi.

Infatti, analoga riflessione vale per le foto sulle presunte aberrazioni genetiche generate a Fukushima: la pubblicazione, avvenuta anche da parte di testate importanti come il Corriere, è senza fonte o addirittura senza spiegazione  e la correlazione con le radiazioni è tutt’altro che scontata. In natura, infatti, vi sono spesso e volentieri mutazioni spontanee che causano frutti particolarmente strani e bizzarri come questo. A volte la deformità è dovuta a fenomeni cellulari della pianta come la fasciazione o la perdita di dormienza del seme, a volte  come nel caso dei famosi limoni di Terzigno, la forma strana è dovuta all’attacco di un parassita.

Dunque, trovare frutti “mutanti” non è poi così strano, tanto che c’è anche chi li conserva per venderli o per esporli.

Molte delle forme “strane” correlate alle radiazioni di Fukushima, oltre a non essere di Fukushima, sono in realtà molto simili a condizioni che si verificano in natura molto più spesso di quanto si creda.

Forse un po’ più di senso critico, da parte di chi fa circolare queste non notizie, non guasterebbe.

@FedeBaglioni88

* Ringrazio Elisa Nichelli, assegnista presso l’IAPS INAF di Roma e PhD in astronomia, per il supporto nell’elaborazione del testo.

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