Bressanini e la scienza (non solo) in cucina
Vi proponiamo la seconda parte dell’intervista a Dario Bressanini. Come anticipato ieri, lo spunto è quello del suo nuovo libro, le bugie nel carrello, ma nel corso della chiacchierata non sono mancati rimandi al caso scoppiato qualche tempo fa sulla cucina molecolare e sulle polemiche attorno alla sua rinuncia al blog tenuto su “il fatto quotidiano”. Buona lettura.
Partiamo con una curiosità: Lei è un chimico diventato famoso per la scienza in cucina. Ha mai pensato, se non lo ha già fatto, di trasformare questa passione in una linea di ricerca, per così dire ufficiale?
Si, c’ho pensato ma non ci sono mai riuscito! Per ora. Io sono un chimico teorico e non ho mai avuto a disposizione un laboratorio “in carne e ossa (e provette)”. Le mie ricerche le faccio al computer, scrivendo programmi. Proprio in questo periodo, però, sembra che si stia realizzando la possibilità di poter aprire un laboratorio dove potrei effettivamente portare avanti alcune linee di ricerca, diciamo così, “tradizionali”.
Che tipo di ricerche ha in mente di portare avanti?
Nel campo della scienza in cucina le applicazioni di ricerca sono sempre state di tipo o salutistico o di sicurezza alimentare. Io invece vorrei occuparmi più degli aspetti scientifici della cottura e delle trasformazioni gastronomiche dal punto di vista gustativo.
Qualche tempo fa è scoppiato il caso della cosiddetta “cucina molecolare”. Abbiamo visto una marea di servizi specialmente sui media generalisti. Poi più niente. Qual è stato il problema e come è andato a finire?
Il problema, in realtà, non c’era! In Italia è stata montata un polemica da parte di Striscia la Notizia priva di fondamento. Le tecniche di cucina molecolare sono state dipinte come si si usasse del cibo sintetico, costellato da “strane polverine”. In realtà non è così. Semplicemente si trattava dell’applicazione di una visione scientifica della cucina, abbinata all’utilizzo di gelificanti (come l’agar) o sostanze da tempo presenti nell’industria alimentare o in cucine tradizionali lontane dalla nostra, come quella giapponese. Striscia c’ha montato su una polemica che poi, naturalmente si è sgonfiata. Però ormai il danno è stato fatto e negli italiani, in quelli peggio informati, è rimasta l’idea che la cucina molecolare sia qualcosa di velenoso. Tanto per capirci, Ferran Adrià va ogni anno a tenere conferenze all’Università di Harvard, mentre in Italia non ci mette piede.
Parliamo del suo nuovo libro. Quali sono le differenze di questa sua ultima fatica rispetto al precedente volume “pane e bugie”?
In “pane e bugie” mi sono focalizzato sulla disinformazione mediatica relativa al cibo. Ho raccontato di come i giornalisti e le associazioni come slow-food (ma anche altre) diffondano leggende metropolitane sul cibo. Leggende che purtroppo hanno una gran presa sull’opinione pubblica. In questo nuovo libro tengo la barra diritta sull’argomento dei falsi miti sul cibo, ma stavolta la sorgente dei falsi miti è differente. Stavolta mi focalizzo, sulle strategie che l’industria alimentare usa per vendere i propri prodotti. E’ un libro prettamente rivolto al consumatore che va a far la spesa e che vuole uno strumento in più per districarsi nel difficile mondo del “carrello della spesa”.
Per scendere un po’ sul personale: come mai ha deciso di chiudere il blog che teneva sul sito de “il fatto quotidiano”?
Purtroppo assieme a me avevano iniziato a scrivere tutta una serie di fissati coi complotti o comunque persone che, a mio modo di vedere, non avevano le competenze adatte per trattare i temi di cui si occupavano. Il fatto che me ne sia andato è stato commentato, a più riprese sul web, in maniera negativa. Ora, ci tengo che una cosa sia ben chiara. Ho chiuso il blog non perché ritenessi che non fosse più utile avere uno spazio di quel tipo. Al contrario! Io penso che sia fondamentale nel nostro Paese andare a parlare con le persone che, vuoi per mancanza di strumenti culturali, vuoi per ignavia, vuoi per mancanza di interesse, normalmente sono distanti dalla divulgazione scientifica. Io avevo aperto il blog sul fatto quotidiano proprio per cercare questo tipo di pubblico e nel momento in cui l’ho lasciato molti hanno interpretato questo gesto come un voler tirarmi indietro dal contraddittorio. Non è assolutamente così! Ripeto la mia scelta si è resa, a mio modo di vedere, necessaria, nel momento in cui ho ritenuto che le altre firme che condividevano i miei stessi spazi non avessero la legittimazione scientifica per farlo.
Ci tengo, invece, a sottolineare e a consigliare ai giovani che si vogliono avvicinare al mondo della divulgazione a cercare pubblici non plaudenti. Questa è la sfida più bella e stimolante per il divulgatore scientifico.
La prima parte dell’intervista dedicata a EXPO2015, OGM e Vandana Shiva.