Più scienza in Accademia

Siamo un piccolo paese, appena 60 milioni di abitanti, e di questi davvero pochi sono ricercatori. Secondo Eurostat appena 3 e qualcosa ogni mille occupati, contro i quasi 6 della media Europea. Eppure, il mondo della ricerca e l’Accademia italiana hanno l’indiscutibile capacità di salire sovente agli onori delle cronache, anche se non per quanto sono in grado di produrre scientificamente, ma piuttosto per le follie di cui sono protagonisti non sempre loro malgrado.

In questi giorni Milano sta ospitando gli Expo Days, un contenitore di eventi che dovrebbe preparare la città di Milano ad EXPO2015 e a discutere con consapevolezza il suo tema: “nutrire il pianeta”. Gli eventi in programma sono i più disparati, dalla medicina tradizionale cinese alle passeggiate in cascina.

Tra questi alcuni sono organizzati o patrocinati dal Comitato Scientifico di Expo 2015 del Comune di Milano (composto da rappresentanti di tutti gli atenei milanesi) e quindi godono, o dovrebbero godere, della reputazione dell’Accademia milanese. Con queste premesse, ci si aspetterebbe di incontrare in questi eventi  i principali attori della ricerca e innovazione agricola e agroalimentare a livello mondiale.

Personaggi del calibro di Calestous Juma, che si occupa da anni di innovazione, proprietà intellettuale e politiche per l’Africa e che insegna a Harvard, o Monty Jones, il padre di Nerica (New Rice for Africa) per il quale ha vinto il World Food Price nel 2004.

Il Comitato Scientifico di Expo e l’Università di Milano Bicocca hanno invece preferito invitare come “esperta” Vandana Shiva, attivista indiana con una laurea in fisica, ma priva di titoli di rilevanza scientifica, a meno di non considerare tale il lungo curriculum di iniziative contro l’innovazione in agricoltura, portate avanti anche contro ogni evidenza (si veda ad esempio il mantra dei contadini suicidi in India a causa degli OGM, legame più e più volte dimostrato inesistente).

Per comprendere la caratura del personaggio andrebbe ad esempio ricordato che lo scorso gennaio, in risposta al discorso di Mark Lynas in favore dell’abbandono dell’ideologia anti-OGM, Vandana Shiva aveva risposto così:

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In sostanza, se sei favorevole agli OGM in agricoltura sei paragonabile a un sostenitore del diritto allo stupro. Proseguendo nell’analogia, i ricercatori che sviluppano nuovi OGM sarebbero dei creatori di stupratori.

A questo punto la domanda sorge spontanea:

perché gli Atenei milanesi e in particolare l’Università di Milano Bicocca, che ha un’ottima fama nel mondo delle biotecnologie industriali e mediche (non mi pare in quelle agrarie), invece di dare spazio e voce alla scienza, hanno scelto di offrire la loro credibilità a una persona che ha sempre e con forza negato il ruolo della scienza e della ricerca nel contribuire a “nutrire il pianeta”?

Ogni giorno,come ricercatori, ci battiamo per avere fondi per fare ricerca in Italia. Lottiamo per essere messi nelle condizioni di dare risposte innovative ai bisogni del paese e del pianeta. Ora pare che EXPO2015, che si è dato come tema il “nutrire il pianeta” ancora in attiva crescita, abbia appaltato a un’Università che non si occupa di agricoltura la gestione del Cluster sul Riso, e che questa abbia chiamato a contribuirvi un’attivista che rifiuta a priori l’innovazione in agricoltura.

Gli agronomi, i biotecnologi agrari e tutti i ricercatori del settore, milanesi e non, cosa dovrebbero pensare? Cosa dovrebbero fare? Abbandonare i laboratori e cercarsi un fazzoletto di terra da coltivare? Come si può dare credito a un’Accademia che dimostra di non credere a ciò che insegna ai suoi studenti?

Si fa presto a parlare di merito e competenza, ma se i primi a ignorarli sono le Università, che futuro c’è per il paese?

Forse è giunto il tempo di cambiare prima che sia troppo tardi. Se il mondo accademico non è in grado di farlo da solo, aiutiamolo noi ricercatori, per evitare di esser parte di un sistema autoreferenziale per il quale esistiamo solo come manovalanza a basso costo.

 

@s_maccaferri

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