Come si twitta (bene) una conferenza
Nelle conferenze scientifiche d’oltreoceano, nel pass, accanto al vostro nome viene stampato anche il nickname dell’evento su twitter. In Italia ancora non succede spesso, ma si sta comunque consolidando sempre più l’abitudine di “tuittare” in tempo reale i contenuti delle sessioni.
Ma come si “twitta” (bene) una conferenza?
La prima regola è quella di prediligere la qualità alla quantità. Non facciamoci prendere dall’irrefrenabile desiderio di pigiare sui tasti, ma scriviamo come se ogni tweet ci costasse un euro. Questo ci obbliga a riflettere su ciò che scriviamo.
Cerchiamo di seguire un filo narrativo, scriviamo per primi i tweet cosiddetti “di costume”, quelli, per intenderci, su quanto piena/vuota sia la sala, sulle persone presenti, sull’avvio della sessione. Quando la sessione è iniziata, invece, focalizziamo l’attenzione su ciò che l’oratore sta dicendo. Per i neofiti è difficile sintetizzare dei concetti in 140 caratteri, soprattutto se, come succede da noi, la presentazione non è “Twitter Friendly”, ma c’è un espediente: riportare esattamente le frasi chiave dette dall’oratore. Concludiamo la narrazione, con pochi tweet che esprimono la nostra opinione su quanto abbiamo ascoltato.
Ricordiamoci di inserire sempre l’hashtagh (#) dell’evento, questo permetterà agli organizzatori di tracciare tutti i commenti, e a noi di interagire con le persone in sala. Se inseriamo altri hashtag non inventiamoli al momento, ma cerchiamo di agganciarci a quelli già esistenti.
Infine se riteniamo che ciò che viene detto possa essere interessante anche per altri, sentiamoci liberi di citarli (@nome), molto spesso le persone chiamate in causa interagiscono volentieri. L’importante è non citare uno stesso utente più di una volta e non citare le persone a caso.