Tempo di pagelle per la sicurezza alimentare in UE

Forse per evitare confusioni con le pagelle scolastiche, la “pagella” del sistema di sicurezza alimentare europeo arriva in anticipo, ad Aprile. Riguarda però non l’anno della sicurezza alimentare in corso, ma un periodo chiusosi un anno e mezzo prima: il 2011. Si tratta del rapporto di EFSA (Autorità europea di sicurezza alimentare) e del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) sugli andamenti e le fonti – accorciando il titolone – delle malattie trasmesse dagli alimenti.

Il paragone alla pagella è ovviamente forzato perché non sempre, anche quando i dati ci sono, si può legittimamente mettere in relazione la frequenza delle malattie con l’impegno nei controlli dell’industria e delle autorità. Spesso i fattori determinanti sono altri: cambiano le abitudine alimentari, cambiano i patogeni, e così via. Insomma, non sempre l’impegno dello scolaro si può tradurre in ottimi risultati.

Allo stesso tempo, per chi è abituato a misurare il proprio successo in tonnellate sequestrate, in numeri di controlli effettuati, in multe comminate, è importante domandarsi che effetto finale c’è di questa – necessaria – azione preventiva e repressiva. Si possono passare anche dieci ore sui libri al giorno, ma, a scuola come nella sicurezza alimentare, bisogna che lo sforzo si traduca in un risultato effettivo.

Quando si passa ad esaminare il singolo paese, va ricordato che, mentre per alcuni parametri usati per il rapporto c’è un sistema stile Invalsi, uguale per tutti e quindi paragonabile, per altri ci si deve basare sul sistema nazionale di sorveglianza, organizzato a modo proprio. Di solito, buono al Nord Europa (dove, per paesi piccoli, è anche tutto più facile), meno buono al centro-sud.

Ma veniamo ai risultati.

Prima di tutto, la campilobatteriosi, caratterizzata da diarrea batterica, frequente nei bambini, è ancora la più frequente causa di malattia da alimenti riportata in Europa. Oltre duecentomila casi nel 2o11. Campylobacter, di solito associato alla carne di pollo, è un problema difficile da affrontare, con alcune incertezze scientifiche importanti, il timore che controllarlo sia impossibile o troppo oneroso, e ancora senza una strategia di controllo accettata e messa in pratica. Che non ci sia una strategia per affrontare la prima causa di malattia da alimenti è scoraggiante, anche se le difficoltà tecniche sono oggettive. Senza voto (per ora).

Al secondo posto, la salmonellosi che è declinata del 5,4% rispetto al 2010, e addirittura del 37,5% rispetto al 2007. Il successo, secondo il rapporto, è da attribuirsi all’efficacia del programma paneuropeo di controllo della Salmonella negli allevamenti di polli. Voto: Ottimo.

Per quanto riguarda la listeriosi (di cui ho già parlato qui), sono stati riportati 1476 casi da tutta Europa nel 2011, solo una lieve diminuzione rispetto all’anno precedente. Il tasso di letalità, ovvero la percentuale di morti tra quanti si sono ammalati, resta alto (12,5%). Pochi gli alimenti sopra i limiti legali, suggerendo che o i limiti sono troppo generosi, o si sta sbagliando approccio. Voto: Insufficiente.

I dati sulle infezioni da Escherichia coli verocitotossico (volendo, ne ho scritto qui) riportano un importante aumento, di due volte e mezzo, rispetto al 2010, a causa dell’incredibile e terribile “epidemia dei germogli” in Germania. Voto: Ingiudicabile.

Insomma, luci e, ahimè diverse ombre: la sicurezza alimentare non è facile.

Vediamo ora un po’ l’Italia. Rispetto ai casi di salmonellosi, i dati farebbero pensare che in Italia la salmonellosi è tra le sei (Svezia) e le otto (Finlandia) volte meno frequente che altrove. Più probabilmente, come in altri paesi, il nostro sistema di sorveglianza funziona poco. Comunque anche da noi la diminuzione si vede, quindi bene.

Se poi si torna alla campilobatteriosi, sembra che noi, come bulgari e rumeni, siamo praticamente immuni dalla malattia (o i nostri alimenti privi di contaminazione): sistema di raccolta dati inesistente. Per la listeriosi, il quadro è meno estremo, ma simile: abbiamo più o meno gli stessi casi dei Paesi Bassi, che sono molto più piccoli di noi. Si sa poi che solo la Lombardia ha un sistema di sorveglianza minimamente efficace. Su E.coli verocitotossico situazione è analoga: avremmo avuto 50 casi contro i 1500 britannici (fosse vero, beati noi; ma anche i 200 francesi sembrano una sottostima). Anche qui, non raccogliamo i dati in maniera adeguata.

Insomma, non siamo i soli, ma, almeno sul fronte delle malattie riportate dal sistema sanitario (i cui andamenti sono essenziali per una valutazione), più di altri non abbiamo fatto i compiti. Purtroppo la conseguenza è che, come per un figlio scolaro, senza dati, senza voti, non percepiamo che c’è un problema, per esempio, in matematica, se non ci sono i risultati dei compiti. Forse per questo campilobatteriosi, listeriosi, e così via non sono percepiti anche a livello ufficiale come un problema grave, o comunque paragonabile a quello della salmonellosi.

Ma, con meno dati, che comunque disturbano, almeno ci sono meno remore quando si proclama che il nostro sistema nazionale di sicurezza alimentare è il migliore del mondo.

@lucabuk

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