Politiche europee della ricerca: quando l’unione non fa (abbastanza) la forza

In questi giorni, sebbene i media italiani ne abbiano discusso solo marginalmente, è stato raggiunto un accordo chiave nel Consiglio EU riguardo al nuovo bilancio dell’Unione Europea nel settennato 2014-2020.

Perché è importante?

L’allocazione dei fondi europei influenza fortemente le politiche nazionali. Saranno circa 69 miliardi di euro i fondi stanziati dal 01 gennaio prossimo per Horizon 2020, il programma quadro europeo di finanziamento della ricerca. Quasi 20 miliardi meno rispetto alla proposta della Commissione Europea.

Storicamente, anche a causa della scarsità e della frammentazione delle risorse nazionali investite in ricerca e sviluppo, l’Europa ed i suoi Programmi Quadro hanno rappresentato un’importante fonte di finanziamento per l’innovazione del nostro Paese. I numeri del Settimo Programma Quadro (FP7) lo testimoniano: l’Italia si piazza al quarto posto per numero di progetti finanziati a livello europeo, con oltre 8.000 ricercatori che hanno potuto usufruire di supporto economico alle proprie attività di ricerca.

Ma la ricerca europea ha davvero un impatto?

L’8 febbraio, mentre i primi ministri europei discutevano il bilancio europeo, e quindi anche l’entità del finanziamento alla ricerca, è uscito sulla rivista Science un interessante policy paper pubblicato da un gruppo di ricercatori italiani dell’IMT di Lucca, fra cui Fabio Pammoli, molto attivo sui social network e che vi consiglio di seguire su Twitter.

Dal 2000, con il lancio della European Research Area, circa 81 miliardi di euro hanno finanziato progetti per aumentare la ricerca collaborativa internazionale e la mobilità fra i paesi europei.

I ricercatori dell’IMT hanno misurato la crescita del numero di pubblicazioni e di brevetti internazionali ottenuta da queste politiche di integrazione europea rispetto a quella di altri stati OCSE extra-Europei (fra cui USA, Canada, Australia, Israele, Brasile).

Pur essendo aumentato il numero di collaborazioni trans-nazionali, è stato dimostrato che dal 2003 le politiche di innovazione europea non hanno prodotto una crescita di brevetti o pubblicazioni internazionali maggiore rispetto a mirate ed efficaci politiche nazionali dei singoli paesi extra-europei. Quando l’unione non fa (abbastanza) la forza, verrebbe da dire.

Come crescere?

Un migliore monitoraggio dell’impatto della ricerca, una minore burocrazia e l’abbattimento delle barriere alla collaborazione internazionale nell’ambito delle politiche europee sono stati riconosciuti come tre sforzi chiave per rendere Horizon 2020 più efficace.

Sarà poi necessario cercare di allineare serie politiche nazionali di sostegno all’internazionalizzazione a quelle lanciate in Europa, per identificare criteri di eccellenza per il finanziamento e la valorizzazione della ricerca condotta nelle università italiane. I finanziamenti europei dovrebbero avere filosofia ed obiettivi diversi e complementari rispetto agli investimenti nazionali in ricerca. Oggi invece, a causa della mancanza di progettualità e dell’incapacità congenita di identificare modelli virtuosi di investimento da parte del Ministero dell’Università e della Ricerca, i fondi europei vengono troppo spesso visti dai ricercatori italiani come ultimo rifugio per poter continuare a lavorare nel loro piccolo ecosistema.

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